Festival di Cannes, Lea Seydoux parla del MeToo: «Adesso c'è più rispetto sul set. E io sono stata fortunata»

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Era ovvio che anche la conferenza stampa di Le deuxième acte, film di apertura del Festival di Cannes, venisse coinvolta nelle proteste esplose sulla Croisette. Nell'attesa delle reazioni alla proiezione del corto/denuncia Moi aussi di Judith Godrèche e mentre fuori dal Palais des Festivals continuano le marce dei lavoratori precari, Lèa Seydoux, protagonista femminile del film di Quentin Dupieux, è stata chiamata in causa dalla stampa internazionale. «Sono sempre stata molto fortunata nel mio lavoro. Ho avuto la fortuna di esordire con persone che più o meno mi rispettavano. Altre donne sono state invece delle vittime. Ma per quanto mi riguarda, non posso paragonarmi a loro. Quando sei un'attrice giovane sei più vulnerabile ed è più difficile. Adesso è diverso: sento che c'è molto più rispetto sul set. Le persone tendono a essere meno dirette. Avverto questo cambiamento anche quando giro scene più intime. C'è maggior rispetto». Protagonisti del film di Dupieux sono proprio degli attori: nei dialoghi si parla di AI e di MeToo. In conferenza stampa, comunque il regista ex DJ, ha sottolineato che Le deuxieme acte non lancia messaggi né prende posizioni: «Prendiamo in giro tutti. È come fare un bagno rilassante nell'acido: un modo per divertirci in questo mondo del cinema così stressante e a suo modo inquietante». Per quanto riguarda Seydoux, erede delle due famiglie reali del cinema francese, il suo nome è stato avvicinato al MeToo per La vita di Adèle, il film Palma d'Oro nel 2013. Al centro, la "famosa" scena d'amore lesbico (tra lei e Adèle Exarchopoulos) lunga 7 minuti e per la quale furono necessari 10 giorni di riprese. Del MeToo, a Cannes ha parlato anche Greta Gerwig, presidente di giuria («Le cose sono in continua evoluzione, non è una sorta di meta che raggiungiamo tutti insieme. È qualcosa su cui continuiamo a discutere e a capire come vogliamo che sia la nostra industria e il nostro cinema. Quindi penso che sia un processo, come dire, in corso»). In concomitanza con il festival, il dibattito sul MeToo si è riaperto coinvolgendo in diverse modalità Gerard Depardieu, Roman Polanski, Benoit Jacquot, Jacques Doillon e il potentissimo Dominique Boutonnat, presidente del Centre national du cinéma.

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